Palestrina: il Santuario dell Fortuna Primigenia e il Museo Archeologico
A pochi chilometri da Roma, facilmente raggiungibile in auto ma lontano dai soliti circuiti turistici, c'è la piccola cittadina di Palestrina.
Sorta sul sito della Praeneste romana, la città è dominata dai resti del Santuario della Fortuna Primigenia e dal Museo Archeologico Nazionale, inserito nella splendida cornice di Palazzo Barberini.
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A pochi chilometri da Roma, facilmente raggiungibile in auto ma lontano dai soliti circuiti turistici, c’è la piccola cittadina di Palestrina.
A dominare il paesaggio c’è il profilo, ben riconoscibile già in lontananza, del Santuario della Fortuna Primigenia, grandioso complesso archeologico/architettonico con annesso Museo Archeologico Nazionale, reso celebre, tra le altre cose, dal film “La dea Fortuna” di Ferzan Ozpetek.
La città di Palestrina occupa il sito dell'antica Praeneste, costruita sul pendio del Monte Ginestro (Monti Prenestini).
In passato la fortuna della cittadina, testimoniata tanto dai monumentali resti, quanto dai generosi materiali archeologici di alto livello artistico ritrovati in tutto il suo territorio, fu dovuta alla sua felice ubicazione. Essa, infatti, era situata in una posizione strategica, a controllo di importanti tracciati viari, come la valle del fiume Sacco che consentiva la comunicazione fra Etruria, Lazio e Campania, percorsi solitamente sfruttati per il passaggio delle greggi transumanti.
Su uno dei punti più alti della città si ergeva il Santuario della Fortuna Primigenia, una delle divinità più antiche del pantheon romano. L'origine del Santuario risale probabilmente all'età arcaica, ma fu restaurato e ampliato più volte. Il complesso templare è oggi visibile nelle sue forme di età ellenistica, risalenti ad un grande restauro avvenuto alla fine del II secolo a.C.
Tra tutti i santuari ellenistici dell'Italia centrale, quello di Palestrina è il meglio conservato. Esso è strutturato in una serie di terrazze artificiali che, attraverso l'utilizzo di rampe e scalinate, permettevano ai fedeli di salire verso l'alto, dove si trovava il tempio vero e proprio (probabilmente di forma rotonda) che custodiva il simulacro della divinità.
Il culto della Dea, legato fin dalla sua origine alla fecondità, si presentava anche come culto oracolare. Questa duplicità è evidenziata nella sua struttura architettonica con la presenza di due distinti poli, posti uno sulla terrazza detta "degli emicicli", e l'altro sulla parte sommitale del complesso, dove c'era il tempio vero e proprio. Entrambi i luoghi erano frequentatissimi: il primo dalle matres castissimae, per quanto riguardava le sue prerogative femminili; il secondo, invece, era frequentato dagli uomini per i responsi oracolari.
Tra i numerosi resti archeologici presenti a Palestrina troviamo anche il Foro dell'antica Praeneste, a lungo ed erroneamente ritenuto dagli studiosi del passato la parte inferiore del santuario di Fortuna. Sul Foro si affacciavano diversi edifici, il tempio di Giove, oggi Cattedrale di Sant'Agapito (giovanissimo martire prenestino), la basilica romana e due edifici molto particolari per la loro finissima decorazione pavimentale: l'edificio conosciuto come "Aula Absidata" ed il cosiddetto "Antro delle Sorti". Quest'ultimo era una grotta, in parte artificiale, organizzata a ninfeo e pavimentata da un bel mosaico policromo a piccole tessere, sempre di epoca ellenistica, raffigurante il fondo del mare con diverse specie di animali marini.
Dalla città antica di Palestrina provengono anche i resti di uno dei rari calendari di epoca romana giunti sino a noi. Le poche lastre, conservate a Roma nella sede del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, ci mostrano un calendario monumentale, molto dettagliato, un vero e proprio vanto per la città. Il tutto a testimonianza di una città ricca e piacevole, tanto da essere un luogo molto amato dagli imperatori romani.
Nel Medioevo e nel Rinascimento, tra lotte e distruzioni, la fortuna della città continuò, tanto da diventare ben presto sede vescovile. Nell'XI secolo, in particolare, sull'ultima terrazza del santuario, la famiglia Colonna edificò il proprio palazzo nobiliare, inglobando i resti del santuario stesso. Ceduto alla famiglia Barberini, venne da questa ricostruito nelle forme attuali nel 1640.
Dal dopoguerra, a seguito dei bombardamenti del 1944 che investirono anche la città di Palestrina, si realizzò il recupero delle strutture del santuario riaffiorate dopo le devastazioni belliche, che colpirono anche alcuni degli edifici che nei secoli avevano ricoperto la città di epoca romana. I ritrovamenti archeologici furono numerosi, tanto che si decise di allestire, all'interno di Palazzo Barberini, un grande museo.
Inaugurato nel 1956, attraverso la successione di diversi temi, si passa dal culto della dea Fortuna, alle necropoli, ai santuari, all'epigrafia, ecc. per arrivare all'opera più conosciuta tra quelle conservate nel museo: il grande mosaico ellenistico a tema nilotico.
Si tratta di un mosaico pavimentale policromo proveniente da un edificio presente nell'antico Foro di Praeneste. L'opera è datata alla fine del II secolo a.C. e fu realizzata sul posto da artisti alessandrini. La composizione è complessa, formata da numerose scene. Potremmo definirlo una specie di grande carta geografica dell'Egitto, rappresentato nel momento dell'inondazione del fiume Nilo. Alla base della rappresentazione è da riconoscere, probabilmente, un'allegoria dell'Egitto sotto il dominio dei Tolomei.
Una curiosità: nel mosaico è presente quella che forse va considerata come la più antica rappresentazione di animali africani in Europa, almeno fino alle prossime future scoperte archeologiche.
Alessia e Benedetta